Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 16 compagni, abbiamo affrontato i grandi fatti della settimana appena trascorsa, ovvero le manifestazioni e le rivolte scoppiate in Sri Lanka, Albania, Kenya, Panama, Corea del Sud, Ghana, Bosnia, Argentina e India, sull'onda degli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità e del carburante.
Le conferme alle nostre previsioni arrivano sia dalla prassi, con la diffusione a livello globale di quello che qualche anno fa abbiamo definito "marasma sociale e guerra", sia a livello teorico, e qui ci riferiamo all'editoriale dell'ultimo numero di Limes ("La guerra russo-americana", 6/22) in cui si afferma che comunque vada a finire questa guerra, il mondo non sarà più quello di prima:
"Da questo conflitto nascerà un nuovo disordine mondiale. Non un ordine, perché chiunque vinca, o sopravviva, non sarà in grado di riprodurre la Pax Americana. Nemmeno l'America. Washington resterà il Numero Uno per carenza di alternative. Ma il capoclassifica non potrà ostentarsi egemone globale, né forse lo vorrà. Ridurre ad unum questa Babele d'otto miliardi di anime e diverse centinaia di attori o comparse geopolitiche è affare di Dio, non di Cesare. Per quanto intuiamo, Dio non è interessato all'impresa. Preghiamo."
Gli esperti di geopolitica si affidano al buon Dio per uscire dal caos, noi invece riteniamo che siano i processi di auto-organizzazione sociale a rompere gli equilibri precedenti facendo fare un balzo in avanti all'umanità. Superata una certa soglia, si determina una "polarizzazione" o "ionizzazione" delle molecole sociali, che precede all'esplosione del grande antagonismo di classe.
Durante la teleconferenza di martedì, a cui si sono collegati 15 compagni, abbiamo parlato dell'aumento del prezzo di cibo e carburante, di proudhonismo risorgente, delle caratteristiche dei futuri movimenti rivoluzionari.
Recentemente The Economist ha pubblicato due articoli sulle conseguenze sociali derivanti dal carovita. Il primo ("Hungry and angry"), più riassuntivo, mette in guardia dall'arrivo di una nuova ondata di agitazioni e disordini; il secondo, una versione estesa dal titolo significativo ("From inflation to insurrection"), descrive più dettagliatamente la situazione dei paesi sull'orlo di una crisi sociale ed economica, ed è accompagnato da una cartina in cui sono evidenziate le zone del mondo dove si prevede il manifestarsi di gravi focolai di disordini nei prossimi dodici mesi. Per elaborare la propria previsione, il settimanale inglese ha costruito un modello statistico, basato sui dati raccolti da un progetto di ricerca globale sugli "eventi di agitazione" (ACLED) dal 1997, per valutare la relazione tra inflazione e rivolte, ed ha scoperto che l'aumento dei prezzi di cibo e carburante è il più forte presagio di instabilità politica e sociale.
L'ultima volta in cui il mondo ha subito uno shock sui prezzi dei prodotti alimentari è scoppiata la Primavera araba, che ha portato ad un'ondata di rivolte e, in alcuni casi, a vere e proprie guerre civili (Siria e Libia). Oggi, lo shock economico si inserisce nel contesto della guerra in Ucraina e lascia presagire una nuova ondata di marasma sociale. L'aumento dei prezzi di cibo e carburante è la forma di inflazione più atroce, dice l'Economist, quella che incide maggiormente sulle popolazioni, soprattutto dei paesi poveri, che possono rimandare l'acquisto di beni secondari ma non possono smettere di mangiare o di utilizzare i trasporti per fare la spesa o andare al lavoro.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata commentando l'articolo di Lucio Caracciolo La spirale infinita nel caos mediorientale. Attraverso l'analisi di quanto sta accadendo in Palestina, il giornalista mette in luce come "lo scontro odierno tra Israele e Hamas è diverso da quelli precedenti, anche perché è cambiato il quadro regionale: il Medio Oriente si sta disintegrando."
Dopo le primavere arabe, con il marasma in Libia, l'Egitto in bilico, e una guerra endemica che dalla Siria si estende verso l'area mediorientale, la situazione a Gaza potrebbe sfuggire di mano. I capi laici palestinesi, spodestati dagli jihadisti, non controllano più nulla, mentre Hamas svolge oramai una funzione puramente di facciata. In questo contesto tribolato, una forza politica in grado di assumere decisioni e di assistere la popolazione nelle necessità minime (cibo, sanità, ecc.), potrebbe prendere il sopravvento. Per adesso gli unici che sembrano in grado di intervenire sono gli jihadisti.
Alcune fonti di intelligence ipotizzano un attacco dei fondamentalisti al vero fulcro dinamico dell'area: la Giordania, un paese debole retto da una monarchia che si fonda sulla forza bruta, potrebbe essere il primo tassello del califfato in espansione. A conferma di ciò, l'agenzia israeliana Debkafile riferisce che, a fine giugno, l'aviazione giordana ha attaccato truppe jihadiste provenienti dall'Iraq e l'Arabia Saudita ha mobilitato l'esercito. In Iraq, milizie nazionaliste sciite e sunnite continuano a combattere contro l'Isis. In un arco geografico che va dalla Mauritania all'Afghanistan, gli stati sono quasi del tutto scomparsi, e anche in paesi relativamente stabili, come il Marocco e l'Algeria, la "pace sociale" non sembra poter reggere a lungo. Israele deve fare i conti con questa situazione, ma pare non abbia le idee molte chiare sul da farsi. Dal canto loro, francesi e americani intervengono tutelando interessi immediati, col solo effetto, molto spesso, di aumentare il caos sociale. Di sicuro i maggiori paesi imperialistici dovranno far ricorso a tutta la loro forza per distruggere la minaccia fondamentalista.
Anche a occidente le cose non vanno meglio: la crescente automazione nell'industria elimina lavoro umano, la produzione leggera soppianta quella pesante, i rapporti capitalistici vengono messi in discussione da più parti.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulla Marcha de la Dignidad. La marcia, organizzata in colonne provenienti da diversi punti del paese, culminerà il 22 marzo quando collettivi, sindacati, gruppi di lavoratori, disoccupati e precari, si riverseranno nella capitale spagnola per chiedere un cambiamento reale. Le rivendicazioni avanzate dai manifestanti riguardano casa, sanità, reddito e reclamano un lavoro dignitoso per tutti. Come al solito, quello che conta è il contesto generale in cui tali movimenti si inseriscono.
Alla riunione via Skype si è naturalmente commentata quella del 51° Incontro redazionale di "n+1" , aperto ai lettori, (Sharing Hotel, Torino, 15-16-17 marzo 2013). In base alle prenotazioni, si è ricordato che erano presenti 52 compagni, mentre altri 5 erano collegati via Internet. Tutto si è svolto in un ambiente sereno e conviviale. Le relazioni, al solito per argomenti concatenati, hanno suscitato interesse, mostrando intorno al nostro lavoro persiste immutata e anzi rafforzata quell'attenzione che dura da più di trent'anni, anche se in un ambiente quantitativamente limitato. I semilavorati che presentiamo di volta in volta sono in elaborazione continua e integrati anche dopo la stampa sul nostro periodico o sul sito internet. Tra l'altro la nostra corrente ha sempre utilizzato il lavoro collettivo con il metodo che oggi è ampiamente alla base di Wikipedia e che ebbe un precedente storico illustre in Alessandro Dumas. Il laboratorio da cui uscivano i "suoi" romanzi era composto da una decina di autori che coordinavano e fondevano le loro conoscenze per il risultato finale. Essi si chiamavano fra di loro, scherzosamente, "negri", appellativo ripreso fin dall'immediato dopoguerra dai nostri vecchi compagni.
Dopo la pagina su Facebook aperta circa un anno fa, ora siamo approdati su Twitter. Facebook e Twitter sono tra i social network più diffusi e sono parte integrante della quotidianità di chi li utilizza. Anche se ad un primo acchito appaiono strumenti molto simili, e certamente lo sono per quel che riguarda il principio di base e cioè l'essere social (creando reti, reti nelle reti, ecc.), il paradigma che si afferma in Twitter è molto diverso da quello di Facebook: se in quest'ultimo l'utente subisce il flusso delle informazioni postate da amici e pagine, in Twitter è l'utente stesso ad orientarsi verso le informazioni presenti nel network sfruttando la ricerca per argomento e/o hashtag , con la possibilità di creare liste a tema che ordinano, a mo' di raccoglitore, il dispiegarsi frenetico delle notizie attorno alle quali può aggregarsi una vitale comunità di iscritti. Il flusso di informazioni si impernia su piccole news, spesso corredate da un link con cui si rimanda all'approfondimento della notizia, che sono caratterizzate dal limite di 140 caratteri; tweet frequenti e, per i più bravi, incisivi, che sembrano quasi rappresentare un nuovo linguaggio capace di dar vita ad affollati canali di comunicazione in cui si snoda un flusso continuo di micro-memi.
La riunione pubblica di n+1 "Non è una crisi congiunturale", che si è svolta a Parigi lo scorso 25 gennaio e che ha visto l'inaspettata presenza di una quarantina di persone, ha seguito un percorso espositivo suddiviso in tre fasi: una parte metodologica, una centrale di approfondimento ed infine una dedicata alle previsioni per il futuro. Il pubblico presente ha mostrato interesse ed attenzione per tutta la durata della conferenza.
Al termine della relazione alcuni intervenuti hanno criticato il lavoro di n+1 sia perché non sarebbe abbastanza incentrato su temi fondamentali, quali la rivoluzione e il partito, sia per "evidenti" tendenze all'ecologismo e al comunitarismo. Decisamente più stimolante invece l'interessamento di un giovane, estraneo agli ambienti terzinternazionalisti, che ha proposto uno studio di approfondimento delle tabelle sulla mineralizzazione. Tra gli intervenuti anche i rappresentanti di un gruppo di ferrovieri (Assemblea Generale interpo "Gare de l'Est et Île de France") i quali hanno espresso un giudizio positivo sulla relazione e sul lavoro presentato. L'esperienza parigina è stata molto positiva e proficua per il lavoro.
Ci sono state delle interessanti anticipazioni circa la relazione su Karl Popper che si terrà al prossimo incontro redazionale di Pesaro.
La prima parte del lavoro verte sul retroterra ideologico del filosofo austriaco, l'ambiente neopositivista viennese, ed ha come riferimento il testo di filosofia della scienza "Congetture e confutazioni", lasciando invece da parte le banali critiche di dogmatismo rivolte a Marx e ai filosofi storicisti. Nel testo in esame si sostiene che il marxismo è nato come scienza poiché il suo fondatore ha fatto delle previsioni ben precise, e cioè osservabili, successivamente confutate e smentite dall'esperienza storica. Secondo Popper quindi una teoria è scientifica se e solo se è falsificabile. L'anti-marxista ed anti-dialettico Popper seguiva una logica di tipo lineare. L'allievo Feyerabend invece, nel testo sul "metodo", cita Marx e Lenin per dimostrare che le ipotesi del maestro erano sbagliate, proprio perché la storia si può analizzare solo dialetticamente.
Editoriale: Non potete fermarvi
Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra
Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto
Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera
Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter
Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a :
Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.
Invia una mail a